Romano Prodi: Ricerca, innovazione e competitività - la sfida globale dell'Europa

一月 12, 2004

Genova, 9 January 2004

Romano Prodi, Presidente della Commissione europea
Ricerca, innovazione e competitività: la sfida globale dell'Europa
Università di Genova Inaugurazione dell'Anno Accademico 2003/2004
Genova, 9 gennaio 2004

Magnifico Rettore, Autorità, Cari colleghi Signore e Signori, Cari ragazzi,
Il 2004 é un anno particolare per l'Europa, e lo é anche per Genova.

Genova é quest'anno la capitale europea della cultura.

E' un riconoscimento importante per una città che ha dato tanto alla Storia dell'Europa e a quella del Mediterraneo, ma é anche una sfida, che sono sicuro questa città, "Città d'Arte, Capitale del Mare e Città Contemporanea", saprà affrontare nel migliore dei modi.

La storica unificazione continentale attraverso l'allargamento dell'Unione europea ai nuovi paesi dell'Europa centrale, orientale e mediterranea sarà l'evento centrale del 2004, ma non sarà l'unico. Stiamo anche costruendo una prospettiva d'integrazione dei Balcani e delle relazioni speciali con tutti i paesi vicini.

Il 2004 dovrà essere anche l'anno in cui dovremo compiere ogni sforzo possibile per adottare il progetto di trattato Costituzionale e preparare il nuovo progetto politico e finanziario europeo per gli anni a venire. Entrambe queste sfide sono decisive se vogliamo proseguire e rafforzare la strategia di crescita economica e sociale che i capi di Stato e di governo dell'UE hanno adottato in occasione del celebre Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000.

Questa strategia mira a incrementare la competitività ed il dinamismo economico dell'Europa attraverso l'integrazione delle conoscenze e dell'innovazione, assicurando nel contempo la sostenibilità ambientale e sociale a lungo termine.

Oggi, in questo storico ateneo che dall'inizio del 1300 contribuisce con eccellenza alle lettere e alle scienze europee, vorrei trattare in particolare proprio l'aspetto dell'integrazione delle conoscenze della capacità di innovazione dell'Europa e del loro riflesso sulla competitività dell'Europa.

L'integrazione delle conoscenze che si ottiene attraverso l'apertura delle università all'Europa e al Mondo rende i nostri sistemi di istruzione e formazione capaci di preparare gli studiosi e gli scienziati all'Europa di domani. Integrazione, mobilità e coerenza dei sistemi di istruzione e di ricerca europei è cio' che puo' permettere all'Europa di essere più dinamica e competitiva.

La Commissione Europea è all'origine di numerosi ed importanti programmi di integrazione e mobilità internazionale delle conoscenze.

Da vari anni, siamo impegnati a realizzare uno "Spazio dell'Insegnamento Superiore", attraverso l'ormai famoso "Processo di Bologna e attraverso il riconoscimento dei diplomi e delle competenze. Ora stiamo sviluppando un nuovo programma, chiamato Erasmus Mundus, che intende avviare nuovi "Master Europei", attraverso la cooperazione di università europei e dei paesi terzi, aperte a studenti e professori europei ed extraeuropei, con borse di studio e sostegni alla mobilità.

Abbiamo anche esteso il programma TEMPUS (uno schema di cooperazione per l'istruzione superiore) ai Balcani, al Mediterraeno, ai paesi dell'ex Unione Sovietica e dell'Asia centrale. Abbiamo avviato iniziative similari con l'America Latina e con l'Asia. Oltre a programmi di scambio con, con gli Stati Uniti, con il Canada, con l'Australia e il Giappone.

L'università di Genova da questo punto di vista dà l'esempio attraverso gli accordi Socrates (263 accordi conclusi nel periodo 2002-2003), le tante borse Erasmus (810 borse Erasmus agli studenti genovesi) concesse ai suoi studenti, e i tanti studenti stranieri che accoglie (758 studenti Erasmus a Genova quest'anno).

L'Università di Genova è anche aperta al Mediterraneo, come testimonia il vostro impegno per un partenariato volto a sviluppare la cooperazione euromediterranea per lo scambio, la condivisione e la costruzione del sapere e delle conoscenze tra università francesi, spagnole, tunisine, marocchine, egiziane e libanesi.

Un contributo importante al nostro obiettivo di fare del Mediterraneo uno spazio di conoscenza condivisa, di mutuo rispetto e di progetti comuni.

L'Università di Genova non fa che continuare la sua grande tradizione di apertura e ospitalità culturale: questa è la città in cui hanno risieduto e lavorato, solo per citarne alcuni, Lord Byron, molti pittori fiamminghi (come Van Dijck e Rubens) e il grande storico del Mediterraneo Fernand Braudel.

E' anche la città dove Giuseppe Mazzini - tenace assertore di un'Italia repubblicana è stato il primo, con la sua "Giovine Europa", a pensare all'Europa in termini moderni.

Le iniziative di integrazione e mobilità delle conoscenze favoriscono il dialogo interculturale e la trasmissione dei valori dell'Unione europea nel mondo e migliorano la qualità e la competitività delle università europee a livello mondiale. Esse costituiscono anche una risposta, seppur parziale, al problema europeo della fuga di cervelli.

L'Europa infatti non puo' permettersi di continuare a "produrre" più laureati nei settori scientifici e tecnologici ed avere meno ricercatori rispetto a Stati Uniti e Giappone!.

Nel solo 2001, sono stati circa 50.000 i ricercatori europei emigrati oltreoceano attratti da condizioni economiche e professionali più favorevoli.

La capacità di attrarre talenti delle nostre università dipende soprattutto dall'impegno in tal senso delle autorità pubbliche e del settore privato.

L'Europa investe attualmente nella ricerca e sviluppo meno degli Stati Uniti. Nel 1999, gli USA hanno destinato complessivamente alla Ricerca e Sviluppo il 2,6% del PIL nazionale, contro solo il 1,9% dell'Europa.

In Europa, inoltre, i bilanci destinati alla ricerca pubblica sono diminuiti.

Aumentare l'investimento in istruzione è una sfida europea ed italiana.

L'Italia infatti si caratterizza per un livello d'investimenti nella ricerca di molto inferiore alla media europea (1% contro l'1,9% dell'UE) e che sta diminuendo (-0,6%) ed é all'ultimo posto per quanto concerne la crescita annua della spesa in ricerca e sviluppo.

Non deve stupire, quindi, se non troviamo nessuna regione italiana tra le prime 15 regioni europee in termini di intensità della ricerca.

Anche la ricerca universitaria italiana é debole: le spese per ricerca sono pari a 63 euro per abitante contro una media europea di 89 euro per abitante.

La sfida è tale che i capi di Stato e di governo dell'UE si sono prefissati l'obiettivo di aumentare gli investimenti europei per la ricerca e lo sviluppo, portandoli entro il 2010 al 3% del PIL, e due terzi dei quali dovrebbero provenire dal settore privato.

Lo sviluppo che mobilita i nuovi campi di ricerca trae il massimo vantaggio dalla concentrazione delle attività di ricerca. Tutti noi beneficeremmo di una situazione in cui i molti scienziati di prim'ordine che lavorano nell'Unione potessero condurre le loro ricerche in "centri di eccellenza" europei.

Attualmente, l'assegnazione dei fondi pubblici nazionali per le scienze è tuttora in gran parte determinata dai confini nazionali. Dobbiamo instaurare un autentico "spazio europeo della ricerca".

Alla Commissione, abbiamo avviato un dibattito che sfocerà in una comunicazione entro la fine di questo mese, sul futuro quadro finanziario del bilancio centrale dell'UE.

A nostro avviso il bilancio dell'UE deve rispecchiare meglio le priorità politiche e le strategie che i capi di Stato e di governo dell'UE si sono impegnati a realizzare. Cio' significa in primis investire di più in ricerca, sviluppo ed istruzione. Le istituzioni dell'UE possono e debbono fare la loro parte per mobilitare le risorse finanziarie disponibili a questo scopo.

Ciò può avvenire sia attraverso il bilancio centrale dell'UE sia attraverso prestiti gestiti dalla Banca europea per gli investimenti (BEI). L'affluenza di risparmi e i prestiti BEI possono essere utilizzati meglio per assicurare la redditività finanziaria degli investimenti di ricerca a lungo termine.

Ma tutto questo non è ancora abbastanza.

Dobbiamo assicurarci che le imprese europee siano disposte a cogliere le opportunità offerte da una manodopera qualificata. Dobbiamo assicurare che gli imprenditori abbiano interesse a trasformare la creatività dei ricercatori in eccellenti opportunità di investimento - cioè in prodotti innovativi e commerciabili. In sintesi, dobbiamo promuovere la domanda di innovazione e far si che il mercato trovi gli incentivi necessari a finanziare l'innovazione.

Soltanto così l'innovazione si tradurrà in competitività

Al momento, in Europa il settore privato dà impiego circa al 50% dei ricercatori contro il 64% del Giappone e l'80% degli Stati Uniti. Far si che il settore privato abbia interesse ad aumentare questa percentuale è cruciale per la competitività europea.

I settori dell'innovazione tecnologica e dei servizi ad alta intensità di conoscenza sono quelli che hanno creato la maggior parte dei nuovi impieghi negli ultimi anni.

E' questo anche lo spirito della stessa Iniziativa di Crescita, basata sul nesso strategico tra il miglioramento delle reti transeuropee e l'aumento degli investimenti a favore della ricerca e sviluppo e delle risorse umane.

L'innovazione tecnologica é fondamentale anche per la competititivà globale dei nostri sistemi economici. E' in questo campo che vinceremo e perderemo la sfida globale, che potremo aprire una nuova, grande fase di crescita o che rischieremo il declino.

Per essere efficaci, la politica della ricerca e dell'innovazione devono potersi sviluppare all'interno di una cornice di stabilità macroeconomica e di un nuovo quadro costituzionale, che deve rendere il sistema decisonale più efficiente attraverso, anche, l'estensione del voto a maggioranza qualificata in vari settori.

Le ultime settimane del 2003 con la de facto sospensione del Patto di Stabilità e la non adozione di una carta costituzionale europea sono state a questo riguardo particolarmente deludenti. Qualche tempo fa, speravo di poter concludere questo mio intervento riferendomi ad un trattato Costituzionale già adottato di cui l'Europa ha certamente bisogno.

Purtroppo, cosi' non é stato.

Rimango comunque ottimista e fiducioso e spero che nel corso del 2004, Genova potrà essere la capitale di un'Europa con una nuova Costituzione, con una più grande fiducia nei suoi mezzi e con una determinazione ancora più forte a vincere la sfida della competitività globale.

Grazie

DN: SPEECH/04/7 Date: 09/01/2004
Item source: http://europa.eu.int/rapid/start/cgi/gue sten.ksh?p_action.gettxt=gt&doc=SPEECH/0 4/7|0|RAPID&lg=IT&display=

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